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Giornalisti minacciati 6 marzo 2018

Illegittimi perquisizione e sequestro subiti da Marco Lillo, Fnsi: «Sentenza importante per la libertà di stampa»

Marco Lillo

La Corte di Cassazione ha stabilito che la perquisizione e il sequestro di materiale informatico subiti lo scorso luglio dal vicedirettore del Fatto Quotidiano, Marco Lillo, sono ‘illegittimi’. Lo rende noto ilfattoquotidiano.it che aggiunge che i giudici hanno ordinato la restituzione al giornalista di tutto quello che gli è stato sequestrato, vietando inoltre ai magistrati il ‘trattenimento di copia dei dati acquisiti’.

«La Federazione nazionale della Stampa italiana non può che sottoscrivere le ragioni espresse dalla Corte di Cassazione nel giudicare illegittimi la perquisizione e il sequestro del materiale informatico subiti dal giornalista Marco Lillo», è il commento del segretario generale e del presidente della Fnsi, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti.

«Una sentenza importante – proseguono – e non solo nel caso specifico, con la conferma della correttezza del lavoro svolto dal vicedirettore del Fatto Quotidiano, ma anche perché ribadisce che per evitare il rischio di potenziali limitazioni alla libertà di stampa non possono essere disposte misure di sequestro della corrispondenza, delle comunicazioni o di ogni altro materiale e documentazione sulla base di un ‘semplice nesso di pertinenzialità tra le notizie ed il generico tema dell’indagine’. Episodi che, invece, da qualche tempo si sono moltiplicati, in particolare nei confronti di colleghi che indagano su mafia, corruzione e reati finanziari».

Si tratta, concludono i vertici del sindacato dei giornalisti, «di una sentenza che finalmente recepisce le ragioni dell’articolo 21 della Costituzione e del diritto di cronaca».

A ordinare la perquisizione erano stati, il 5 luglio 2017, i magistrati della procura di Napoli titolari dell’indagine sulla presunta fuga di notizie nell’ambito dell’inchiesta Consip. Ad avviso della Suprema Corte, prosegue l’articolo pubblicato dalla redazione online del Fatto, «con riferimento ai principi in tema di tutela della libertà di stampa fissati dalla corte dei diritti dell’uomo, la perquisizione e il sequestro sono state due misure sproporzionate adottate nei confronti di un professionista dell’informazione senza che vi fosse un legame probatorio, tra i documenti sequestrati e l’oggetto dell’indagine».

Di conseguenza, gli ermellini hanno disposto la restituzione a Lillo di tutti i materiali e documenti sequestrati o acquisiti in copia (computer, hard disk, pen drive, telefoni cellulari, cd rom e dvd rom), vietando ai magistrati di trattenere copia dei dati acquisiti. Affinché il sequestro sia valido, spiega la Cassazione annullando senza rinvio l’ordinanza emessa ai danni del giornalista, ‘non è sufficiente affermare che si tratti di atti relativi al libro che ha divulgato al pubblico la notizia segreta presumibilmente rivelata da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio’, ma ‘occorre verificare che detti documenti abbiano uno specifico legame con la condotta di rivelazione di segreto di ufficio, in particolare perché contenenti elementi utili per individuare la provenienza della notizia ricevuta dal giornalista’.

Bisogna dunque evitare, conclude la sentenza della sesta sezione penale della Suprema Corte, che ‘iniziative immotivatamente invasive’ si tramutino in potenziali limitazioni alla libertà di stampa.

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