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Giornalisti minacciati 27 ottobre 2018

Querela temeraria contro Paolo Borrometi per il suo libro, Fnsi e Cnog al fianco del collega

Paolo Borrometi a Napoli con gli uomini della sua scorta

«Neanche il tempo di fare capolino in libreria e il libro ‘Un morto ogni tanto’, scritto dal giornalista Paolo Borrometi, è finito nel mirino di chi vuole impedire ai giornalisti di fare il proprio lavoro e ai cittadini di conoscere storie vere di mafia e di mafiosi». A dare la notizia sono Fnsi e Cnog che, in una nota congiunta, spiegano: «Ventiquattr’ore dopo l’uscita del libro-denuncia, al collega Borrometi è stata annunciata la prima querela con richiesta di risarcimento da parte di un ex deputato dell’Assemblea regionale siciliana che professa la propria estraneità ai fatti riportati».

Preseguono sindacato e Ordine: «Riteniamo che in questo, come in tutti gli altri casi che ha denunciato, attirandosi le ire di pezzi di clan mafiosi che progettavano anche un attentato ai suoi danni, il collega Paolo Borrometi abbia agito con rigore professionale. I fatti da lui riportati trovano riscontro in atti giudiziari e in inchieste della magistratura. Siamo certi che anche questa nuova azione annunciata contro di lui si risolverà nel nulla esattamente come le altre».

Federazione nazionale della Stampa italiana e Ordine nazionale dei giornalisti confermano che continueranno ad essere al fianco del collega Borrometi. «Questa vicenda – incalzano – conferma la necessità, più volte sostenuta e ribadita dalla Fnsi, di approvare una norma di legge che sanzioni chi fa un uso temerario della giustizia contro i giornalisti. Minacciare e intimidire i cronisti con querele bavaglio significa attaccare l’articolo 21 della Costituzione e il diritto dei cittadini ad essere informati».

Per questo, concludono i rappresentanti dei giornalisti, «è auspicabile che gli interventi di parlamento e governo vadano nella direzione della difesa del diritto di cronaca e del rafforzamento delle tutele e dei diritti del lavoro giornalistico, piuttosto che concentrarsi in atti chiaramente ritorsivi, come il taglio dei contributi ai piccoli giornali e alle emittenti televisive locali, che indeboliranno il pluralismo dell’informazione causando la perdita di migliaia di posti di lavoro».

IL RACCONTO DI PAOLO BORROMETI

Anche i “santi” querelano, proprio così. Sono passate appena 24 ore dalla pubblicazione del mio libro “Un morto ogni tanto”, cari amici, che puntuali arrivano le prime minacce di querela a me e al mio editore.
> In alcune pagine del libro ho raccontato le vicissitudini di un noto deputato eletto all’assemblea regionale siciliana, agli arresti per voto di scambio con la mafia fino a pochi mesi fa, quando il tribunale del Riesame ha poi stabilito che aveva sì comprato i voti ma non con la complicità della criminalità organizzata, ed è stato rimesso in libertà. Da allora è stato peraltro velocissimo nell’aggiudicarsi – ad occhio e croce – almeno altre due denunce, che si sono solo aggiunte a una lunga lista. Mi riferisco al tanto indiscusso quanto chiacchierato ras delle preferenze siracusano: l’Onorevole Giuseppe Gennuso.
> A poche ore dall’uscita del mio libro ecco arrivare puntuale un suo comunicato stampa: nessuna sorpresa da parte mia nel leggerlo, lo confesso. Pur sapendo che è persona avvezza alle querele – la macchina del fango a dire di alcuni è sempre calibrata male, non posso tacere lo stupore che invece ho provato nel veder attribuito da parte dell’onorevole Gennuso al mio impegno giornalistico un peso di così grande rilievo nel diffamare la sua persona, ledendone immagine e credibilità. Il tutto senza neanche leggere cosa scrivo nel libro. Nonostante mesi addietro mi abbia pubblicamente riconosciuto valide capacità professionali e una buona dose di coraggio nel denunciare mafia e malaffare, con tutto il rispetto per il ruolo che ricopre non crede forse Onorevole che stia attribuendomi un’importanza davvero eccessiva e immeritata? La sua scheda biografica parla da sola, ad arricchire la sua corona non sono certo le mie pagine. Come del resto non è frutto del mio ingegno o della mia creatività l’appellativo con cui è affettuosamente apostrofato dai suoi sostenitori, u Santo Nostro (fra cui ricordo generi e amici di generi di capimafia), anche quello se l’è guadagnato sul campo da solo, converrà con me. Per lei non c’è stata mai alcuna condanna, si è sempre e solo trattato di pinzellachere, attacchi mediatici strumentali mossi contro la sua persona, la sua corona brilla davanti alla legge, non serve nemmeno che me lo stia a ricordare. Ma venendo ai punti per cui si riserva di presentarmi querela mi permetta una considerazione: da quanto leggo nel suo comunicato stampa la società di cui oggi è ancora socio, ben inteso sempre che anche le visure camerali non complottino contro di lei, non si è avvalsa dei professionisti di cui scrivo perché all’interno del suo gruppo ha chi ne gestisce la contabilità. Me lo lasci dire, non mi sembra una grande presa di distanza, Onorevole Gennuso: indipendentemente dalla data d’inizio della sua partecipazione societaria, mi permetta ma dalle sue stesse parole credo suoni chiaro e evidente anche a chi non conosce le sue infinite traversie con le forze dell’ordine e la magistratura che tra lei e i commercialisti delle società dei familiari di Messina Denaro non ci sia mai stata alcuna rottura. A volte dopo un trasloco si ha la sfortuna di trovare dei topi in casa. Per carità, nessuno mette in discussione che questi l’abitassero già, o quanto siano o no importanti le norme igieniche per i precedenti inquilini (pur trattandosi magari di congiunti), ma è buona e comune prassi in genere preoccuparsi di disfarsene al più presto, non credo solo da parte dei paladini dell’antimafia. E se si mette del formaggio, deputato, è solo nella loro trappola e per il medesimo fine. Con quel formaggio, non ci si pasteggia.

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