Vita associativa 15 luglio 2022
Il giornalismo italiano dice addio a Eugenio Scalfari, fondatore di Repubblica e L’Espresso, giornalista, filosofo, scrittore, maestro e punto di riferimento per intere generazioni di cronisti. «Eugenio Scalfari è stato un rivoluzionario che ha cambiato il corso del giornalismo italiano», dice Raffaele Lorusso, segretario generale della Fnsi, da Trento, dove si trova per un’iniziativa sindacale.
«Dalla collaborazione con il Mondo – ricorda – alla fondazione dell’Espresso prima e della Repubblica poi, è stato protagonista di grandi battaglie politiche, sociali e civili che hanno contribuito a migliorare il Paese. Ha tracciato il solco profondo di un giornalismo militante animato da passione civile e spirito riformista, aprendo la strada ad un modello di informazione che è diventata un punto di riferimento per larga parte dell’opinione pubblica italiana».
Nato a Civitavecchia il 6 aprile 1924, Scalfari è stato il primo direttore-manager dell’editoria italiana, padre di due creature editoriali, L’Espresso e Repubblica, nate dal nulla ma che in pochi anni non solo hanno raggiunto i vertici della diffusione, ma hanno anche lasciato un’impronta indelebile nella storia del Paese.
Ambizioso, autorevole, d’intelligenza acuta, portato a decidere in prima persona sempre su tutto: queste le virtù e nello stesso tempo i difetti che hanno portato Eugenio Scalfari a trasformare il giornalismo italiano.
Nei primi anni ’50 gli esordi con il Mondo di Pannunzio e l’Europeo di Arrigo Benedetti. Nel ’55 fonda con quest’ultimo L’Espresso, primo settimanale italiano d’inchiesta. Scalfari vi lavora nella doppia veste di direttore amministrativo e collaboratore per l’economia. E quando Benedetti gli lascia il timone nel ’62, diventa il primo direttore-manager italiano, una figura all’epoca assolutamente inedita per l’Italia.
Eletto deputato nel ’68, la sua carriera parlamentare dura solo una legislatura, mentre i suoi editoriali della domenica sono un appuntamento fisso per decenni. Inizia in quegli anni il gelo con Bettino Craxi che poi sfocerà nelle dichiarate reciproche ostilità su Repubblica negli anni ’80.
Repubblica è la seconda grande impresa di Scalfari, una sfida per creare un giornale d’élite e di massa che il ‘Fondatore’ dirige e controlla in tutto e per tutto. Quello di Repubblica non è comunque un successo scontato. Dopo un anno di attività vende 70mila copie avendo un break-even di 140mila, rischia la chiusura, ma negli anni ’80 comincia un’escalation che porta il giornale formato tabloid a vendere più di 500 mila copie.
Nell’86 si arriva per la prima volta al sorpasso in edicola sul Corriere della Sera e, secondo alcuni, alla fondazione di una specie di partito politico, il ‘partito di Repubblica’ che negli anni ’80 si contraddistingue negli attacchi a Craxi e al feeling con la Dc di De Mita e con il Pci di Berlinguer. Poi segue una stagione di vicissitudini proprietarie, con il tentativo dell’eterno avversario Silvio Berlusconi di scalare il giornale, conclusa in tribunale con il Lodo Mondadori. Fase che porta infine al consolidamento della posizione acquisita.
Negli anni ’90 Scalfari comincia a mollare la presa, dopo aver lasciato il consiglio di amministrazione e annunciato varie volte l’intenzione di lasciarne la guida, il 3 maggio 1996 si congeda da Repubblica, lasciando il posto a Ezio Mauro e restando editorialista.
Negli ultimi anni si dedica soprattutto alla scrittura e alla filosofia. A un suo intervento su fede e laicità, lui che da sempre si dichiarava ateo, Papa Francesco risponde con una lettera a Repubblica pubblicata l’11 settembre del 2014. L’incontro che ne segue diventa un libro nel 2019, ‘Il Dio unico e la società moderna. Incontri con Papa Francesco e il Cardinale Carlo Maria Martini’.