Vita associativa 21 novembre 2015
L’articolo di Lodovico Poschi pubblicato sul giornale online loSchermo.it
LUCCA – Decine di colleghi si sono riuniti stamani nella sala Tobino di palazzo Ducale per il seminario “Mafia e giornalismo – cosa è cambiato a 30 anni dalla morte di Giancarlo Siani” promosso dall’Associazione Stampa Toscana, con il prezioso contributo di Anna Benedetto, Giulio Sensi e Gianluca Testa, e in collaborazione con Libera, il CNV, l’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea e la Scuola per la Pace della Provincia di Lucca. Seminario che ha visto la folta partecipazione di giornalisti locali e non i quali hanno ascoltato gli interventi di Sandro Bennucci, consigliere nazionale FNSI e presidente dell’AST, del giornalista Armando Borriello, presidente dell’Associazione Stampa Campana e dello scrittore e giornalista Lorenzo Frigerio.
Di grande spessore storico la ricostruzione di Armando Borriello, a quel tempo giovane redattore del Mattino di Napoli, che visse in prima persona il dramma dei giorni successivi all’omicidio di Giancarlo Siani, ucciso in un agguato di mafia la sera del 23 settembre 1985. Un semplice collaboratore della redazione di Castellamare di Stabia, un ragazzo di 26 anni che per riuscire a conquistare un’assunzione ha pubblicato lo scoop che gli è costato la vita.
Vi fu una vera e propria sommossa nei confronti dei vertici del giornale, che provarono a minimizzare essi stessi la notizia perché scomoda: Siani era ancora un semplice collaboratore e il suo assassinio arrivò come uno tsunami dentro un giornale che in quel momento andava a gonfie vele. Lui che, appunto, redattore non lo era ancora, tanto che gli venne cucito addosso il ruolo di cronista.
“Giancarlo Sani è l’unico giornalista ucciso dalla camorra in Campania – ha ricordato Borriello – una giovane vita spezzata in nome della ricerca della verità e dell’amore per il giornalismo. La sola consolazione è che il suo sacrificio ha acceso una fiamma in tanti ragazzi che come lui avevano il sogno di sposare il giornalismo, e non è un caso che oggi, a 30 di distanza, siamo ancora qui a parlarne”.
La mattinata è stata anche l’occasione per intitolare la sala riunioni della Protezione civile della Provincia di Lucca alla memoria del sindacalista siciliano Placido Rizzotto, ucciso dalla mafia nel 1948.
L’intitolazione è avvenuta nel corso di una breve cerimonia svoltasi al pian terreno di Palazzo Ducale, nella zona che ospita gli uffici della Protezione civile provinciale, alla presenza del presidente Luca Menesini, dei consiglieri provinciali delegati Grazia Sinagra e Alberto Baccini, dell’ex consigliera provinciale Isaliana Lazzerini, principale artefice dell’intitolazione grazie ad una mozione presentata nel 2012, approvata dal Consiglio in maniera unanime, nonché dell’ex presidente della Provincia Maura Cavallaro e di Maria Rosaria Costabile della Cgil.
Placido Rizzotto, giovane segretario della camera del lavoro di Corleone, fu ucciso perché aveva osato mettere in discussione il controllo delle terre e lo sfruttamento dei braccianti da parte di Cosa Nostra. Fu Carlo Alberto Dalla Chiesa, all’epoca capitano dei carabinieri a condurre le indagini che portarono all’arresto degli assassini.
I mafiosi ne avevano occultato il cadavere ma la sua memoria non fu mai cancellata e la sua testimonianza è diventata patrimonio per moltissimi italiani. Nel settembre 2009 i resti di Rizzotto sono stati ritrovati in una delle foibe di Rocca Busambra e finalmente, dopo 64 anni, il sindacalista ha avuto una degna sepoltura.
La sua vicenda negli anni è divenuta un vero e proprio simbolo, un esempio che ha contribuito ad avviare l’Italia verso una coscienza civica che ha voluto spezzare il clima di omertà.
In questa ottica – grazie anche all’impegno del nipote del sindacalista che porta il suo stesso nome – diventa importante anche che lo Stato italiano abbia accolto successivamente la proposta di Don Ciotti e dall’associazione “Libera” che hanno richiedono l’istituzione ufficiale della “Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime delle mafie”. Dal 1996 ogni 21 marzo, primo giorno di primavera, si celebra questa Giornata in cui le famiglie delle vittime di mafia ribadiscono la loro ricerca di giustizia vera e profonda, trasformando il dolore in uno strumento concreto, non violento, di impegno e di azione di pace.
Nel maggio del 2012 si sono svolti a Corleone i funerali di stato in memoria di Rizzotto alla presenza del presidente della repubblica Giorgio Napolitano e, nello stesso anno, sempre dalla presidenza della Repubblica è stata riconosciuta la medaglia d’oro in memoria del “fulgido esempio di rettitudine e coraggio spinti fino all’estremo sacrificio”.