Vita associativa 26 settembre 2017
Sono state consegnate nella sala “Santo Della Volpe” del Sindacato unitario giornalisti della Campania le borse di studio della prima edizione del premio “Enzo Musella”. Al premio hanno partecipato i figli dei soci del Sindacato che si sono distinti per l’ottimo rendimento scolastico. Le categorie in concorso erano scuole medie e scuole superiori. La cerimonia è stata introdotta da un saluto dal presidente del Sugc Armando Borriello. Il segretario del sindacato campano, Claudio Silvestri, ha poi ricordato Enzo Musella: «Enzo non era un giornalista famoso, uno di quelli che tutti ricordano, ai quali si intitolano stadi e sale convegni. Era un giornalista che fino alla fine ha lottato con le unghie e con i denti per fare questo mestiere. Lo ha fatto da precario, senza uno stipendio. La sua passione lo ha aiutato a superare anche la sua malattia. Nell’ultima fase della sua vita ha continuato a fare inchieste, e volava da una parte all’altra della città come se la sua sedia a rotelle non esistesse – ha raccontato Silvestri – Questo sarà un appuntamento fisso del nostro sindacato. Non dimenticheremo Enzo ed è a persone come lui, a chi lotta per fare il giornalista, che abbiamo il dovere di rivolgerci se vogliamo avere un futuro». A vincere il premio gli studenti Giorgia Aiello, Ilaria Boccia, Ilaria Calabrese, Maria Chiara Del Gaudio, Lorenzo De Pinto, Francesca Mercogliano, Antonio Nardiello, Nicola Paolo, Gaia Petino, Enrico Primavera, Alessandra Renna, Niccolò Tatarelli. Tutti con medie altissime. Uno di loro, Antonio Nardiello, ha consegnato al Sindacato una commovente lettera su Enzo Musella.
La lettera di Antonio Nardiello
Innanzitutto voglio ringraziare tutti voi, e in particolare il sindacato dei giornalisti, per la gioia che oggi mi date con questo premio. Per me è molto importante e ora proverò a spiegarvi il perché. Ho conosciuto Enzo Musella attraverso i racconti di mio padre. La prima cosa che ho capito è che Enzo era una grande persona. Forte, generoso, amava la vita e aveva un cuore grande così, sempre pronto ad aiutare gli ultimi.
La seconda cosa che ho capito è che era un professionista serio e rigoroso, uno di quei giornalisti che venivano – così dice mio padre – dalla vecchia scuola. Io non ho capito bene cosa sia né dove si trovi questa vecchia scuola, ma l’ammirazione con cui ne parla mio padre mi ha fatto capire che si tratta di una gran bella cosa che forse col tempo si è un po’ perduta.
La terza cosa che ho capito è che Enzo e mio padre erano legati da una profonda amicizia. Mio padre mi ha sempre parlato di un uomo libero, la cui mente poteva volare superando tutte le difficoltà del suo corpo. Se gli altri camminavano lui correva. Se gli altri pensavano di fare una cosa, lui la stava già realizzando. Era un grande lavoratore. Un uomo di grande forza animato da una profonda fede in Gesù Cristo.
Ma la più importante di tutte le cose che ho capito è la quarta. Papà mi ha sempre raccontato che Enzo gli ha insegnato l’importanza del valore della solidarietà. Lui, che era circondato dall’affetto e dalla solidarietà non solo dei suoi cari, ma di tanti amici, ha dato tanto per gli altri. Soprattutto per i più giovani di cui amava circondarsi e che aiutava, nonostante le tante difficoltà che aveva, insegnandogli il mestiere che conosceva e facendosi in quattro per fargli guadagnare qualcosa di soldi. Lui era un uomo che aiutava gli ultimi, che pensava sempre alle persone più in difficoltà nonostante egli stesso di difficoltà ne avesse tante. E il suo aiuto non era fatto solo di parole, che pure sono importanti, ma di fatti concreti.
Mio padre è un uomo fortunato. Ha un lavoro ed è quello che gli piace. Ma mi ha spiegato che ci sono tanti amici e colleghi meno fortunati di lui che un lavoro non ce l’hanno o che pur avendolo non riescono ad arrivare alla fine del mese.
Per questo ho deciso di devolvere questa borsa di studio per una iniziativa di solidarietà. Lo so, è un piccolo contributo, solo un simbolo. Ma l’esempio che Enzo ci ha lasciato è che per cambiare il mondo non servono grandi discorsi, ma piccoli gesti. Credo che questa sia la maniera migliore per ricordarlo.