Vita associativa 21 dicembre 2020
Un “ma”. Fu questo l’alibi in virtù del quale per vent’anni il regime fascista si sentì autorizzato a considerare quella della stampa, e dell’informazione in senso più ampio, una libertà da concedere (e da reprimere) tra stringenti, autarchici e autoritari paletti. “La stampa sarà libera, ma una legge ne reprime gli abusi”, recitava l’articolo 28 dello Statuto Albertino, che si poneva a fondamento costituzionale delle norme sulla stampa contenute nell’Editto emanato qualche settimana più tardi. Un’impostazione ripresa anche agli albori dell’età repubblicana, quando all’articolo 21 della Carta fondamentale seguì a stretto giro quella legge 47 del 1948 che tuttora resta pietra d’angolo della ultrasettantennale normativa in materia.
Ma cosa accadde alla libertà di stampa nella fase di “interregno”, fra le 22.47 di domenica 25 luglio 1943 (quando Titta Arista annunciò dai microfoni dell’Eiar che il re imperatore aveva accettato le dimissioni di Mussolini e affidato la guida del governo al maresciallo Badoglio) e la mattina del 27 dicembre 1947, quando il capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola, promulgò la Costituzione Italiana, in vigore dal 1° gennaio 1948? E poi fino all’8 febbraio dello stesso anno, giorno in cui ancora De Nicola firmò la legge numero 47 della Repubblica Italiana, “Disposizioni sulla stampa”?
Ce lo racconta Giancarlo Tartaglia in “Ritorna la libertà di stampa. Il giornalismo italiano dalla caduta del fascismo alla Costituente”, in uscita a gennaio 2021 per i tipi della società editrice Il Mulino. Un volume denso di date, riferimenti, aneddoti e retroscena, in cui lo storico direttore della Fnsi, storico del giornalismo e segretario generale della Fondazione sul giornalismo “Paolo Murialdi”, ricostruisce quei mesi in cui il mondo dell’informazione italiano fu attraversato da una profonda e radicale trasformazione, tra epurazioni di giornali e giornalisti, la nascita di nuove testate, una stagione di rinascita sindacale e la ricostituzione stessa del sindacato, la Federazione nazionale della Stampa italiana, nata nel 1908, messa fuori legge dal regime nel 1925 per essere sostituita dal Sindacato fascista dei giornalisti e poi rinata il 26 luglio 1943, il giorno dopo quell’annuncio diffuso dall’Eiar.
Un libro che ripercorre le vicende che porteranno a (ri)definire il concetto di libertà di stampa e quelle norme sul sistema dell’informazione che hanno regolato e ancora regolano la vita democratica della Repubblica. Regole, come l’articolo 21 della Carta, che si sono dimostrate nel corso dei decenni di particolare lungimiranza e capaci di adeguarsi ai tempi e alle rivoluzioni tecnologiche che nel tempo si sono susseguite e si stanno susseguendo. Mentre lo stesso non si può dire di leggi successive, che certo oggi (e non da oggi) hanno bisogno di essere rimodellate sui contorni nuovi della società liquida e globale.
Sempre nella consapevolezza che non può esservi libertà alcuna senza una informazione affrancata da condizionamenti di ogni tipo, fatta da giornalisti liberi anche dal ricatto della precarietà e dell’assenza di tutele, diritti e garanzie, oltre che dalle minacce, dalle querele bavaglio, dalla permanenza nell’ordinamento della previsione del carcere per il reato di diffamazione.