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Vertenze 1 agosto 2024

AI nella redazione del Corriere della Sera, Fnsi: «Siamo preoccupati»

La Federazione Nazionale della Stampa Italiana apprende con preoccupazione la decisione di Rcs Mediagroup di chiedere un tavolo al Cdr del Corriere della Sera con l’obiettivo «di realizzare un codice di condotta e di stabilire le regole per introdurre le nuove tecnologie generative al Corriere della Sera».

La mossa dell’azienda arriva dopo la firma di un accordo con OpenAI, la società che ha creato ChatGPT, per la sperimentazione di un’assistenza virtuale al lettore attraverso una “chat” che era stata presentata come «una sorta di bussola grazie alla quale i lettori del quotidiano possono ricercare articoli, accedere a ulteriori contenuti informativi e agli archivi del quotidiano, ricevere suggerimenti e ottenere sintesi dei principali articoli del giorno».

La Fnsi è al fianco del Cdr del Corriere della Sera che, non solo non era stato informato preventivamente dell’accordo, ma che aveva correttamente chiesto un incontro urgente e il blocco dell’iniziativa. L’articolo 42 del Contratto nazionale di lavoro giornalistico prevede la consultazione del Cdr per ogni innovazione tecnologica, come aveva ricordato la segretaria generale della Fnsi Alessandra Costante in una lettera a tutti i Cdr. E questo al Corriere non è avvenuto, a differenza di altri gruppi editoriali. Non solo, ora l’azienda vorrebbe anche introdurre «tecnologie generative» che vedono la Fnsi fortemente contraria. Non è una battaglia di retroguardia: l’Intelligenza artificiale è ormai dentro il processo produttivo di molte redazioni e può essere un valido strumento di aiuto per il lavoro giornalistico. Può esserlo nella ricerca di dati e informazioni, nel processo di fact checking, nel monitoraggio di trend social ed eventi, nell’estrazione di informazioni e contenuti da grandi database e nella distribuzione delle notizie stesse, per migliorare la pertinenza e quindi l’esperienza del lettore in base al suo comportamento e ai suoi interessi. Ma «gli interventi sui testi sono riservati alla sola redazione secondo le specifiche competenze, qualifiche, mansioni e responsabilità» come aveva ricordato nella lettera la segretaria Costante. Gli accordi che le aziende editoriali firmano e firmeranno per l’introduzione della AI devono vedere al tavolo anche i Cdr in rappresentanza dei giornalisti, stakeholder fondamentali e detentori del processo produttivo dell’informazione.

L’AI è un’innovazione enorme che può essere uno strumento utile per alzare la qualità del lavoro dei giornalisti, ma che può anche cancellare migliaia di posti di lavoro. Come ha già fatto, proprio in Italia, l’editore tedesco Axel Springer chiudendo una redazione e sostituendo i giornalisti con un «generatore di notizie guidato esclusivamente dall’intelligenza artificiale».

La preoccupazione della Fnsi, però, non è solo sindacale: c’è in gioco anche la qualità dell’informazione. Un uso massiccio dell’AI può portare a un’omologazione del prodotto informativo, violando l’articolo 42 del Contratto nazionale di lavoro giornalistico che finalizza l’utilizzazione di ogni supporto tecnologico da parte delle redazioni allo sviluppo del pluralismo e al miglioramento della qualità dell’informazione. Ma un uso incontrollato della AI può anche generare la veicolazione di fake news, come è successo in queste ore nel Regno Unito con conseguenti proteste di piazza. Per questo la Fnsi considera l’AI generativa applicata all’informazione un sistema di intelligenza artificiale ad alto rischio per il grado di democrazia e sicurezza del Paese, il cui unico argine è la qualità dell’informazione intesa come produzione di contenuti originali e verificati rispetto ai fatti.

«Il Corriere della Sera è il primo quotidiano italiano – ha detto la segretaria Alessandra Costante –. Sulle sue pagine sono apparse le firme di Gabriele D’Annunzio, Benedetto Croce, Luigi Pirandello, Dino Buzzati, Luigi Einaudi, Grazia Deledda, Ada Negri, Pier Paolo Pasolini. Ha sempre fatto della sua ricchezza linguistica e della sua cifra intellettuale un punto di forza. Non vorremmo che, proprio adesso, venisse meno a quello che è stato il suo dna per 148 anni di storia».

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