Vertenze 21 dicembre 2019
«La norma sull’inpgi, inserita dal governo nel decreto milleproroghe, è un segnale importante di attenzione, ma è necessario che già da gennaio venga avviato un tavolo con i ministeri competenti, i vertici dell’ente e le parti sociali per individuare e adottare le misure per la messa in sicurezza dell’Istituto». Lo afferma Raffaele Lorusso, segretario generale della Fnsi. «La situazione di bilancio dell’Inpgi, non dissimile, fatte le dovute proporzioni, da quella dell’inps – aggiunge -, è il risultato di un decennio di espulsioni dal mondo del lavoro, peraltro sostenute dallo Stato, e della mancata adozione di politiche di contrasto al lavoro irregolare e al lavoro precario. È inquietante che nel governo ci sia chi continui a parlare a sproposito di questo tema. Il senatore Vito Crimi, per esempio, è tornato in queste ore a mettere in fila solenni sciocchezze senza provare neanche un minimo di imbarazzo. Le sue parole confermano, qualora ce ne fosse stato bisogno, che la sua missione è colpire i giornalisti per indebolire l’informazione professionale e rendere i cittadini manipolabili dalle piattaforme digitali. Non a caso, continua ad occuparsi della professione e dei suoi istituti anche
da viceministro dell’Interno. Il senatore Crimi spara nel mucchio, parla di gestione poco trasparente dell’Inpgi e di impossibilità per il governo di esercitare poteri di controllo, pur sapendo che l’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani, esattamente come tutte le casse professionali privatizzate, è sottoposto alla vigilanza del ministero del Lavoro, del ministero dell’Economia e della Corte dei Conti».
«Senza contare – incalza Lorusso – che due consiglieri di amministrazione dell’Istituto sono nominati dalla presidenza del Consiglio dei ministri e dal ministero del Lavoro e che anche tre sindaci revisori sono di nomina governativa. Se volesse veramente vederci chiaro nella situazione dell’Inpgi, sarebbe sufficiente che leggesse i bilanci e le relazioni dei ministeri e degli organismi di vigilanza. Il problema è che il suo disegno parte da un pregiudizio ideologico nei confronti di tutto ciò che è informazione e si traduce in una battaglia demagogica finalizzata a colpire i gruppi dirigenti degli enti della categoria, offrendo sponde a quel polo del rancore interno alla professione che mette insieme sparute minoranze. Se ha davvero a cuore la trasparenza, il senatore Crimi farebbe bene a concentrare le sue attenzioni, magari da viceministro dell’Interno, su altre realtà. A cominciare dalla piattaforma Rousseau, sulla cui trasparenza e sui rischi di potenziale alterazione e controllo dei processi democratici l’Autorità garante della protezione dei dati personali ha mosso rilievi inquietanti lasciati per ora cadere nel nulla».