Vita associativa 4 febbraio 2019
“I nostri lavori sono ormai in una fase avanzata, dopo la relazione del Presidente Guido Bossa, relazione di ampio respiro, vero centro di riflessione per le conclusioni cui ci stiamo avviando. Val la pena (perché “repetita iuvant”), ribadire che la globalizzazione diventa sempre più un fenomeno travolgente che coinvolge anche chi non vorrebbe esserne toccato (ma solo alla tv, un certo tempo fa, si poteva sentir dire, da un cittadino indispettito e contrariato, ”fermate il mondo che voglio scendere…”).Anche l’Italia appare sconvolta dagli eventi, in un contesto di confusione generale. Ma è proprio per questo che bisogna trovare “nuovi spazi” per mettere in campo un’azione di resistenza che non sia di pura e passiva sopravvivenza.
“Giornalismo, Editoria, Comunicazione, Cultura: a cosa servono, è bene espresso dall’articolo 21 della Costituzione. I richiami sono frequenti, ma non è facile ottenerne il rispetto. C’è sordità specie quando, ad agire, è il colore giallo-verde! Mentre si preannunciano iniziative ministeriali non tranquillizzanti, la crisi che ci riguarda da congiunturale si avvia a diventare strutturale e forse irreversibile.
Quel mondo che secondo Mc Luhan era diventato un villaggio, vede sempre più, con grande velocità, il villaggio comprendere tutto il mondo secondo un processo che non torna indietro. Ma proprio per questo, come raccomandava Leonardo Sciascia, “a ciascuno il suo” in termini di compiti e di responsabilità.
“Guido Bossa: viviamo in un contesto “nel quale noi pensionati dobbiamo decidere se accontentarci del nostro relativo benessere o ripiegarci su noi stessi, oppure -al massimo- sul nostro privato familiare e domestico”. Niente di tutto questo. Ma un momento di lucida riflessione sì, magari ricordando un famoso discorso di John Kennedy quando agli americani disse: ogni giorno chiediamo cosa l’America fa per noi, mentre è giunto il momento di chiederci cosa ciascuno di noi fa per l’America.
“La risposta alla giusta provocazione del nostro Presidente è una sola: accettare la sfida di questa “emergenza democratica” condividendo le sue parole: ”Non dobbiamo essere noi il frammento deperibile di un corpo sociale che ci sta diventando estraneo”, evitando, cioè, una malefica reciprocità: noi estranei al corpo sociale e il corpo sociale estraneo a noi. Una vera società democratica che punti a progredire, non potrà mai essere formata da “corpi separati” e confliggenti. Ecco, allora, la necessitante urgenza di essere parte attiva della professione dentro il contesto politico e culturale in cui essa si colloca e si svolge. Chiediamoci, quindi, cosa occorre per uscire dal tunnel.
“Occorre innanzitutto una “grande alleanza” fra le nostre strutture rappresentative di fatto organizzate come fossero tanti piccoli feudi secondo una logica “separatista” che, quando è stata praticata, ha provocato soltanto danni. Si potrebbe già pensare a una sede unica, a una concentrazione di servizi, a un giornale unico della categoria, non più chiusa in sé, per farne uno strumento forte nella rappresentazione delle nostre posizioni di fronte alle numerose controparti che non nascondono una pregiudiziale ostilità. Abbiamo bisogno di strumenti di autodifesa e di ricomposizione unitaria per riacquistare potere di rappresentatività. Il Coordinamento fra le nostre strutture deve essere effettivo e non semplicemente formale; la stessa nostra presenza, come Sindacato di base, deve incidere di più sulle scelte generali della Fnsi.
“L’altra “grande alleanza” va costruita con i settori vitali per la democrazia e lo Stato di diritto: un movimento per il progresso e la difesa dei principi costituzionali che veda insieme tutto il Giornalismo (stampato, audiovisivo, on line), l’Editoria ( sarà pure rimasto qualche editore meno affarista e bottegaio),il mondo della Cultura (nel suo significato di intendere, capire, progettare), il Sistema degli Atenei (controllando le Scuole di formazione al Giornalismo e nello stesso tempo precisando i limiti delle Lauree in Scienze della formazione troppo spesso contrabbandate come scorciatoia privilegiata per l’ingresso nei mass media), i più qualificati Centri di promozione sociale. Abbiamo bisogno -con una vasta rete di rapporti-di acquisire solidarietà, di riconquistare fiducia e credibilità da parte dei cittadini. Al nostro interno, vanno risvegliati l’orgoglio della professione e la passione per le grandi battaglie civili. Un più stretto rapporto con i Comitati di Redazione e le Associazioni regionali appare ineludibile.
“Molte testimonianze, che abbiano ascoltato, dimostrano che ci siamo progressivamente isolati, estraniati rispetto ai cambiamenti e alla modernizzazione avanzanti: passavano davanti ai nostri occhi e noi non ce ne accorgevamo, oppure non abbiamo avuto la prontezza di comprenderne la portata. Quasi traumatizzati dalla crisi sì, ma non ancora al “muro del pianto”. Ci sono ancora risorse professionali per scongiurare, in alcune aree, la “guerra tra poveri” e l’aspro conflitto generazionale non più latente. Giustamente il presidente Bossa ci dice che “il Congresso è chiamato a girare pagina, ad aprire un capitolo nuovo”. Bene aver sentito che si vuole confermare la “continuità di un impegno”. Continuità di idee e visioni programmatiche, ma non continuismo di presenze laddove un avvicendamento appare utile e fisiologico.
“Pagina nuova, con le due ”alleanze”, per uscire dal tunnel e recuperare protagonismo vitale. Netto rifiuto delle posizioni attendiste magari sperando che gli “avventurieri della democrazia” ci facciano meno male e ci lascino almeno il tempo di curarci le ferite! Non è questo, ovviamente, lo spirito del nostro Congresso. Ma la “pagina nuova” bisogna incominciare a scriverla subito”.