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Inpgi 1 aprile 2022

La TV tradizionale rallenta,mentre avanzano le piattaforme streaming. Ancora in calo gli organici (report Mediobanca)

Nei primi nove mesi del 2021, le principali Media & Entertainment companies internazionali crescono del 13% rispetto allo stesso periodo del 2020. È proseguita la forte espansione dei servizi streaming, i cui ricavi sono aumentati del 25% (arrivando a rappresentare il 18% circa del giro d’affari complessivo); in rimbalzo anche la raccolta pubblicitaria (+19%) e gli introiti dei parchi a tema (+47%, ma con ancora un limitato apporto ai ricavi aggregati), mentre il recupero della Pay TV tradizionale non è andato oltre il +3,6%, confermando una modalità di accesso ai contenuti media sempre più on demand e frammentata. E’ quanto si legge nella nuova edizione del Report Media & Entertainment dell’Area Studi Mediobanca.

A livello di redditività industriale, l’ebit margin è salito al 16% nei primi nove mesi del 2021, in miglioramento sul 2020; tra gli otto operatori con redditività superiore a quella media di settore, ben sette sono statunitensi. Le principali società internazionali hanno registrato una consistente crescita del pubblico, soprattutto tra gli abbonati alle piattaforme streaming (+26% tra il settembre 2021 e lo stesso mese del 2020).

La pandemia ha accelerato il cambiamento, già in atto da tempo, nei comportamenti degli spettatori, soprattutto nella fascia dei nativi digitali, sempre più attratti da modalità di fruizione basate sulle logiche del whenever, wherever and on any device. Per le tv tradizionali diventa quindi fondamentale ampliare l’offerta digitale e assecondare i gusti emergenti degli spettatori. Nel 2020 il giro d’affari aggregato dei 21 principali operatori internazionali privati ammontava a €271 mld (-7% rispetto al 2019), per circa l’85% generato da operatori a stelle e strisce.

Nel triennio 2018-2020, i ricavi dei colossi privati del settore televisivo sono diminuiti in media del 2,8%, con il continuo sviluppo delle piattaforme di streaming che ha bilanciato il rallentamento delle tv tradizionali, penalizzate anche dalla cancellazione e/o riprogrammazione di eventi sportivi durante il 1° semestre 2020.

 

Organici ancora in calo

Nel 2020 il giro d’affari del settore radiotelevisivo italiano ha proseguito il trend calante, scendendo complessivamente a €8,1 mld (-6,6% sul 2019), con un’incidenza sul PIL pari allo 0,5%. Il calo investe tutti i comparti: -22% la radio (€0,5 mld nel 2020), -7% la TV in chiaro (€4,4 mld) e -2% la TV a pagamento (€3,2 mld). Quest’ultima però cela dinamiche opposte, con la Pay TV tradizionale in frenata (-8,5%), mentre gli abbonamenti streaming crescono a doppia cifra (+42,5%), rappresentando ora l’8,3% dei ricavi aggregati del settore (+2,9 p.p. rispetto al 2019). Sono in contrazione anche i ricavi da canone (-4,1%), con il numero degli abbonati al servizio pubblico sostanzialmente stabile sui livelli di fine 2018; è però possibile attendersi una recrudescenza dell’evasione del canone Rai a partire dal 2023, qualora venga confermata l’abolizione dell’attuale modalità di riscossione in bolletta, così come sembrerebbe previsto dagli impegni sottoscritti dall’Italia per accedere ai fondi del PNRR. Nel 2020 gli otto principali operatori Media&Entertainment italiani hanno subìto una contrazione dei ricavi dell’8,8% sul 2019, quale effetto dei minori introiti pubblicitari (-13,5%) e della distribuzione di contenuti (-10,3%). Segno negativo, ma più contenuto, anche per i ricavi della Pay TV (-2%).

Nel 2020 si registra una diffusa diminuzione degli organici sia sul 2019 (-1,7%, -362 unità) sia rispetto al 2018 (-2,5%, -547 unità).
Per il 2021 si stima una crescita dell’8% dei ricavi complessivi dei principali operatori italiani del settore, grazie alla ripresa della pubblicità e all’ulteriore accelerazione dei servizi streaming che sfrutterà anche il completamento (previsto per gennaio 2023) del passaggio al digitale terrestre di seconda generazione (c.d. switch-off). In tale ambito è però necessario che il nostro Paese colmi il gap in essere con i principali Paesi Europei quanto a copertura delle reti broadband VHCN (Very High Capacity Networks).
Con il possibile raggiungimento della spesa massima disponibile per abbonato, è probabile che gli spettatori inizino a cercare contenuti gratuiti diversificando le fonti media. È quindi possibile prevedere nel prossimo futuro il rallentamento delle sottoscrizioni ai principali player S-Vod e l’incremento dell’importanza delle offerte A-Vod (Advertising video on demand), a vantaggio degli operatori tradizionali del segmento, favorendo l’ingresso di nuovi operatori e il lancio di nuove offerte che combinano i business model dei servizi S-Vod, A-Vod e T-Vod (Transactional video on demand). Con la moltiplicazione delle offerte in streaming crescerà l’importanza degli aggregatori di contenuti che offrono agli utenti anche un servizio di orientamento alla visione dei contenuti stessi.

 

Quote di ascolto in Italia

Nel 2020 gli spettatori hanno trascorso circa 6 ore davanti alla TV (rispetto alle 4 ore del 2019), ma i picchi d’ascolto registrati durante la pandemia sono stati in parte riassorbiti nel 2021. I principali operatori continuano a sviluppare l’87% delle quote di ascolto nel giorno medio, con le piattaforme digitali in progressiva espansione a fronte del generale ridimensionamento dei canali tematici. L’età del pubblico continua ad aumentare (dai 56 anni del 2018 ai 58 anni medi nel 2021), con le nuove logiche di fruizione dei media che trasferiscono sempre più pubblico dalla TV lineare verso quella on demand.

 

Il mercato televisivo pubblico europeo e il canone

Con €8,5 mld, il servizio radiotelevisivo pubblico tedesco evidenzia il giro d’affari più elevato nel confronto europeo, il triplo rispetto a quello italiano (€2,5 mld). Completano il podio Gran Bretagna (€6,7 mld) e Francia (€3,6 mld). Nel 2020 l’Italia segna la maggiore contrazione dei ricavi (-5,4% sul 2019), seguita da Germania e Francia che diminuiscono, rispettivamente, dell’1,9% e del 2,8%. Registrano invece una variazione positiva Spagna (+1,3% sul 2019) e Regno Unito (+1,2%). L’Italia si distingue quanto a redditività industriale: nel 2020 l’ebit margin della TV pubblica italiana si è attestato al 3,8% (in miglioramento di 1,1 p.p. sul 2019), inferiore solo al 6,6% del Regno Unito, mentre permangono in territorio negativo Francia (-1%) e Spagna (-3,5%). Capitolo canone: all’Italia spetta il più basso canone unitario fra i maggiori Paesi europei, inferiore anche alla media europea (€0,25 al giorno per abbonato contro i €0,34 medi). Molto più onerose per i contribuenti la TV pubblica tedesca (€0,58 giornalieri), quella britannica (€0,48) e francese (€0,38).

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