Vertenze 24 ottobre 2024
«L’informazione italiana ha bisogno di più risorse e non di meno risorse. Per tutelare quel giornalismo di qualità indispensabile alla crescita democratica del Paese. La Fnsi ritiene che ci sia bisogno di una visione complessiva che aiuti i media italiani a superare la crisi. L’industria dell’informazione non è un’industria ‘normale’, ma ha una valenza costituzionale». Così Alessandra Costante, segretaria generale della Federazione nazionale della Stampa italiana, in riferimento alle disposizioni contenute in legge di Bilancio 2025.
«Anche per quanto riguarda la web tax, i media italiani devono essere maggiormente tutelati – avverte Costante – recuperando lo spirito iniziale della norma che era stata concepita per impedire agli Over the top di eludere il fisco in Italia. Le aziende che in Italia fanno informazione digitale pagano già le tasse. Pensiamo che la web tax così come concepita in manovra possa avere effetti controproducenti sulla tenuta occupazionale di un settore messo già a dura prova».
Il tema dell’estensione dell’imposta a tutte le imprese che realizzano ricavi derivanti da servizi digitali è stato sollevato anche dalla Fieg. In una nota diffusa giovedì 24 ottobre 2024, gli editori esprimono «stupore e amarezza per la norma del disegno di legge di Bilancio che estende l’imposta sui servizi digitali a tutte le imprese che realizzano ricavi derivanti da servizi digitali rimuovendo le attuali soglie che escludono dall’imposta le imprese con meno di 750 milioni di fatturato globale e con ricavi derivanti da servizi digitali in Italia inferiori a 5,5 milioni».
Per la Fieg, «la web-tax è stata concepita per i grandi operatori del web, anche per eliminare la disparità di trattamento e lo svantaggio competitivo delle imprese nazionali nei confronti dei soggetti globali operanti nel web. Con l’estensione della platea dei contribuenti l’epilogo della web-tax è paradossale: si colpiscono tutte le imprese digitali italiane, sottoponendole ad una duplice tassazione e accentuando così la disparità di trattamento e lo svantaggio competitivo nei confronti dei colossi globali del web».
Gli editori «auspicano un intervento correttivo del Parlamento che eviti la beffa di una nuova tassazione sulle imprese italiane del settore, le stesse imprese – conclude la Fieg – che si intendeva tutelare e salvaguardare».
In un comunicato del 25 ottobre, anche la Federazione italiana settimanali cattolici (Fisc) in rappresentanza delle oltre 190 testate aderenti esprime «preoccupazione per la norma contenuta nel disegno di legge di Bilancio», che estende l’imposta sui servizi digitali a tutte le imprese che generano ricavi da questi servizi.
«La nuova disposizione – spiega la Fisc – elimina le soglie attualmente previste, che escludevano dall’imposta le imprese con meno di 750 milioni di fatturato globale e ricavi da servizi digitali in Italia inferiori a 5,5 milioni. Auspichiamo che l’attenzione verso il settore editoriale che, sta attraversando un periodo di grande trasformazione anche verso il mercato digitale, non venga penalizzata da questa nuova disposizione e che le imprese editoriali, in particolare le piccole e medie imprese, siano escluse da questa nuova disposizione».