Sentenze Uffici stampa Vita associativa 14 maggio 2016
Ricorso respinto e condanna al pagamento delle spese processuali. Oltre alla conferma di quanto previsto dal decreto ingiuntivo “avente ad oggetto il pagamento della somma complessiva di € 18.293,00 in favore dell’Inpgi a titolo di contributi obbligatori omessi”, relativi ad un rapporto di lavoro di tipo giornalistico intercorso da novembre 2010 a fine luglio 2014.
Soccombente: il Comune di Caltanissetta. Secondo il quale il giornalista impiegato nell’ufficio stampa dell’ente non svolgeva mansioni giornalistiche e dunque all’Inpgi non andavano versati i contributi previdenziali e al tribunale non andava riconosciuta l’applicazione di un decreto ingiuntivo del 10 luglio 2015.
Nelle motivazioni della sentenza, pubblicate sul sito dell’Associazione siciliana della stampa, la giudice Ida Cristina Pangia del tribunale di Roma ha invece riconosciuto la natura giornalistica del lavoro svolto dal dipendente dell’ente, la “continuità dei servizi” e “l’apporto creativo profuso” nell’elaborazione di notizie e comunicati stampa.
Da qui la necessità di ribadire l’obbligo di assicurazione del giornalista all’istituto previdenziale di categoria e la conferma del principio che anche nel caso di prestazioni di lavoro giornalistico rese dal dipendente di un ente locale “il rapporto di lavoro ed il conseguente rapporto contributivo debba essere regolato secondo i principi di diritto comune (ivi compresa l’applicazione del Cnlg e l’iscrizione all’Inpgi)”.
Nel motivare la sua decisione, la giudice richiama inoltre alcune sentenze della Corte di Cassazione per ricordare, ad esempio, l’obbligo di iscrizione all’Inpgi per i giornalisti impiegati alle dipendenze di un ente pubblico territoriale o un imprenditore che, pur operando in settori diversi dall’editoria, assuma un iscritto all’Ordine professionale per svolgere mansioni di carattere giornalistico.
O ancora il generale principio secondo il quale il trattamento economico dei dipendenti pubblici il cui rapporto di lavoro è stato “privatizzato”, non potendo essere stabilito per legge, deve essere disciplinato dalla contrattazione collettiva.